Expo 2020 – Filiera Italia: “Il modello produttivo italiano integrato e sostenibile quale soluzione alla sfida alimentare globale”

All’Expo di Dubai per contrastare modelli alimentari artificiali e di sintesi in mano a poche multinazionali.

“Nel 2015 a Milano abbiamo annunciato di voler portare il nostro export agroalimentare a 50 miliardi di euro, oggi siamo pronti a raddoppiare quell’obiettivo lasciandoci alle spalle la pandemia” così Luigi Scordamaglia, Consigliere Delegato di Filiera Italia è intervenuto oggi all’innovation talk, incontro dedicato ai temi dell’innovazione e della sostenibilità, nel padiglione Italia di Expo Dubai. “Ma gli obiettivi più ambiziosi che ci eravamo prefissati a Expo 2015 riguardavano la sostenibilità della nostra produzione alimentare e sono questi i risultati di cui siamo particolarmente orgogliosi”, dice ancora Scordamaglia che sottolinea: “Dopo soli 5 anni siamo riusciti a ridurre le emissioni di CO2 agricola portandola a 30 milioni di tonnellate di Co2 equivalente – numeri ancora più straordinari se confrontati con quelli della Francia che tocca 77 milioni o con quelli della Germania che arriva a 60 milioni –  e allo stesso tempo siamo stati in grado ridurre del 32% l’uso di pesticidi, del 15% l’uso di prodotti chimici fertilizzanti e tutto questo mantenendo il primato europeo del più alto valore aggiunto alimentare d’Europa, 64 miliardi di euro, record assoluto”. “Risultati eccezionali – ricorda Scordamaglia – che costituiscono la narrazione dell’unicità della nostra produzione,  antidoto alla diffusione del falso Made in Italy in quei mercati che tentano di copiarci”.
Ma cosa rende il settore agroalimentare italiano davvero unico? “ Il nostro straordinario modello produttivo – non ha dubbi Scordamaglia – capace di produrre di più, con maggiore qualità, impattando sempre meno sull’ambiente”. “Il nostro modello è votato alla sostenibilità competitiva: nessuna ideologia e molta innovazione nei suoi processi”, ricorda il Consigliere Delegato. “ E oggi – continuano da Filiera Italia – la sfida è mettere questo patrimonio di tecnologie a disposizione anche delle piccole e piccolissime aziende che caratterizzano il nostro settore”.  
“L’approccio come sempre deve essere di filiera, una filiera produttiva integrata – prosegue Scordamaglia – perché se è vero che in Italia non abbiamo vere multinazionali nel settore alimentare, il nostro paese va sempre più verso il modello della “multinazionale diffusa”, dove la grande azienda è solo il partner leader di una filiera integrata anche di migliaia di piccole aziende che vince o perde insieme”. E concludono da Filiera Italia: “No fermo e deciso invece a chi è venuto qui a Dubai per provare a convincere il mondo che la soluzione sia il cibo di sintesi artificiale, che in realtà serve solo a tagliare il fondamentale legame con la terra e gli agricoltori e trasferire la produzione alimentare nei laboratori  di poche multinazionali dai margini enormi”.

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