Le interviste

“La birra è un prodotto agricolo e deriva dalla terra”

Teo

Musso

Fondatore Baladin Birrificio Agricolo

1. Come nasce Birra Baladin?

Sono cresciuto a Piozzo, un piccolo paese nelle Langhe, circondato dai vigneti tra i più importanti d’Italia, a stretto contatto con la terra agricola, grazie ai miei genitori contadini. La birra l’ho scoperta per ribellione a mio padre che voleva che “assaggiassi” il vino, perché si “usava” così dalle nostre parti. Crescendo, grazie a varie esperienze, scopro che la birra poteva essere qualcosa di più rispetto a quanto fino a quel momento bevevo e decido di aprire nel 1986 a Piozzo una birreria, Le Baladin (Cantastorie in francese) in cui arrivo ad avere 200 etichette provenienti da tutta Europa. Nel 1996, dopo una esperienza formativa in Belgio, decido di iniziare la prima produzione di birra artigianale a fianco alla Birreria, usando un impianto adattato con delle vasche usate in origine per la lavorazione del latte, che ancora oggi posseggo, decidendo di eliminare dalla lista le 200 etichette per proporre solo quanto da me realizzato. La mia idea, che ancora oggi è attuale, era che una birra buona profumata, potesse essere servita come alternativa al vino e possibilmente abbinata al cibo.

All’inizio non vengono apprezzate ma persevero nella mia idea, consapevole che gli inizi sarebbero stati duri e dopo aver scelto una bottiglia originale innovativa, simile a quella usata per gli Champagne, e una etichetta unica creata ad hoc, mi viene l’idea di inviare a 500 ristoranti in Italia, scelti su una guida Slow Food, una campionatura delle mie birre in bottiglia. La strada era ancora lunga, ma le prime buone accoglienze mi aiutano molto psicologicamente e mi convincono ad insistere nel mio sogno.

Le vendite iniziano quindi a crescere in tutta Italia, pari passo con la diffusione della cultura della birra artigianale come da me immaginata e quindi crescono anche le mie strutture, fino ad arrivare al birrificio dei giorni nostri; lungo questo percorso mi creo anche nel 2003 la società di distribuzione, per gestire meglio la commercializzazione delle birre in Italia e all’Estero.

2. Siete i primi produttori di birra artigianale 100% italiana. Quali sono stati i punti di forza che hanno permesso tale successo?

Ho alle spalle una tradizione agricola e contadina e questo mi ha dato una conoscenza dei tempi “agricoli”, che sono lunghi, per creare e far crescere una filiera che ora posso dire essere “italiana”. Il mio è un birrificio “agricolo”, la birra è un prodotto agricolo e nasce dalla terra; ho iniziato più di un decennio fa a coltivare orzo e luppolo, consapevole dei tempi lunghi necessari per trovare la giusta qualità e resa. I punti di forza sono stati quindi la competenza e conoscenza in materia agricola, la pazienza e la perseveranza nel selezionare, testare ed affinare una materia prima “italiana”, dandosi dei tempi lunghi, fino ad arrivare alla nostra birra “Nazionale”, l’ho chiamata così, che ha una precisa identità e di cui sono orgoglioso per i profumi e sapori tipici che sprigiona.

3. La scelta di aderire al progetto Filiera Italia

Ho trovato molto semplice e naturale che un birrificio come il mio, che ha attuato in concreto una prima unica strategia di creazione, sviluppo e promozione in concreto di una filiera italiana della birra, aderisse al progetto. Ritengo che, pur nelle diversità dimensionali che ci sono tra molti soci di Filiera Italia e la mia azienda, molti temi strategici sono comuni e si possono imparare un sacco di cose da un contesto così articolato. Il riconoscimento di un equo premio da parte della distribuzione e del consumatore ad un prodotto da filiera nazionale con le sue peculiarità è uno degli strumenti più importanti ed efficaci contro l’omologazione della produzione, soprattutto nel campo delle birre e soprattutto nel mondo della birra artigianale che ben conosco per averlo “creato”, proprio per la natura di mercato mondiale delle materie prime che dicevo prima.

4.  Come vedi l’Export

Il nostro mercato estero è quasi tutto legato al settore Ho.re.ca.. Gli effetti della pandemia si sono certamente sentiti, ma con le riaperture abbiamo subito recuperato e ora siamo anche in significativa crescita. E questo perché, riallacciandomi a quanto dicevo in materia di Birra “Nazionale”, il consumatore straniero apprezza molto la nostra “italianità”; grazie al lavoro fatto in tutti questi anni sul “prodotto”, ad un birrificio “italiano” viene riconosciuto proprio un valore in più e proprio perché “italiano”; questo è un riconoscimento che ci viene riconosciuto squisitamente all’estero, il consumatore italiano è meno pronto a questo ed anche questo è un buon motivo per cui un birrificio come il nostro ha aderito a Filiera Italia: l’italianità, quella buona, è una grande risorsa da promuovere e da diffondere, anche per il settore delle Birre artigianali.

5. Progetti futuri

Stiamo lavorando molto sulla sostenibilità della nostra struttura agricola/produttiva, e nei prossimi tre anni andremo a completare il nostro progetto di efficientamento energetico dei nostri siti, con impianti a basso impatto ambientale. Abbiamo anche un importante progetto in materia di sostenibilità su un migliore utilizzo dell’acqua che è il principale ingrediente della birra utilizzato in birrificio. Sul tema prodotto ho il grande sogno di creare, anche qui con tempi lunghi, una birra “nazionale” anche nel campo delle birre a bassa fermentazione, le diffusissime Lager, una birra dal consumo si semplice ma dotata anch’essa di una precisa identità e italianità.